Paolo Danei nasce ad Ovada (Alessandria), secondo di sedici figli, all’alba del 3 gennaio 1694 da Luca e Annamaria Massari.
Alla sua nascita una luce misteriosa invade la stanza, sicuro presagio di qualcosa di grande e di bello. Ancora bambino, apprende dalla mamma l’amore verso il Crocifisso che caratterizzerà tutta la sua vita. “Volesse Iddio, dirà, che avessi la santità di mia madre. Se mi salvo, se ho fatto un po’ di bene lo devo ai suoi insegnamenti”.
Per i torbidi politici del tempo, la famiglia Danei ha subito gravi dissesti economici ed ora è costretta a frequenti trasferimenti. Paolo nella giovinezza aiuta il padre impegnato nel commercio di tessuti, cordame ed affini. Intorno ai venti anni avviene quella che lui chiama “conversione”: resta come folgorato da “un discorso familiare” di un sacerdote. Fa la confessione generale e decide di impegnarsi al completo servizio di Dio anche se per ora non ne conosce il modo e la strada. Intanto è costretto a rimandare il progetto: deve infatti assistere i famigliari che vivono in condizioni economiche sempre più preoccupanti. Nel 1715 vuole arruolarsi volontario nella crociata contro l’islam, ma una voce interiore gli fa capire che non è quella la strada: non le armi, ma l’amore ha salvato e salverà il mondo. Si sente intanto ispirato a vestire “una povera tonaca nera, ad andare scalzo, vivere con altissima povertà; fare vita penitente… a radunar compagni per restare uniti e promuovere nelle anime il santo timor di Dio”.
Ci sono già i germi di una nuova congregazione. Lo zio prete, don Giancristoforo, lo nomina erede di tutti i suoi beni, purché si sposi. Ma Paolo si sente bruciare da un amore più alto e accetta da lui soltanto il breviario. Nel 1720 una visione lo orienta più chiaramente. Rapito in spirito si vede “vestito di nero sino a terra”. La Madonna più volte gli indica la strada e gli mostra anche l’abito della nuova congregazione che avrà nella passione di Gesù la ragione del suo esistere e del suo agire. Il 22 novembre dello stesso anno monsignor Francesco Arborio Gattinara, vescovo di Alessandria, lo riveste di una tunica nera da eremita. Paolo si ritira in una stanzetta attigua alla chiesa di San Carlo a Castellazzo Bormida (Alessandria). Vi resta chiuso dal 23 novembre 1720 al primo gennaio 1721. Di questi quaranta giorni rimane il diario spirituale, scritto per ordine del vescovo. E’ una testimonianza preziosa della sua straordinaria esperienza interiore. Nel suo spirito si alternano slanci mistici e fortissime aridità. Lo divora il desiderio di vedere salvi tutti gli uomini e si dichiara disposto ad essere “scarnificato per un’anima”. Dal 2 al 7 dicembre scrive “come infusa nello spirito”, anche la regola del nuovo istituto che per ora chiama “I Poveri di Gesù”. Dal vescovo è nominato custode del romitorio di Santo Stefano a Castellazzo e ottiene il permesso di predicare. Alle prediche di Paolo è un accorrere sempre più numeroso di gente con frutti spirituali che fanno gridare al miracolo. L’agosto successivo parte per Roma con la speranza di essere ricevuto dal papa cui intende chiedere l’approvazione del nuovo istituto. Da una guardia viene respinto come uno dei tanti avventurieri. Paolo, amareggiato e deluso, si reca a pregare nella chiesa di Santa Maria Maggiore dove rinnova l’impegno di fondare la congregazione ed emette il voto di dedicarsi a risvegliare nel cuore dei fedeli la “memoria della passione di Gesù”.
Tornando a casa si ferma brevemente sul Monte Argentario (Grosseto): vi tornerà presto con il fratello Giovanni Battista vestito da eremita anche lui e fin dall’infanzia suo inseparabile compagno di penitenza, di contemplazione e di ideali. Il 21 maggio 1725 il papa Benedetto XIII gli concede a voce il permesso di radunare compagni consacrati alla stessa missione. Per oltre un anno si ferma a Roma presso l’ospedale di San Gallicano; insieme al fratello si dedica all’assistenza degli ammalati anche se l’istituto coltivato nel cuore ha ben altre finalità. Con Giovanni Battista, il 7 giugno 1727 viene ordinato sacerdote nella basilica di San Pietro dal papa Benedetto XIII. Nel 1728 i due fratelli tornano sul Monte Argentario. Si fermano nel romitorio di Sant’Antonio vivendo in povertà e penitenza, solitudine e preghiera: le caratteristiche della congregazione che sta nascendo.
Esercitano un intenso apostolato nella Maremma toscana dove abbondano malaria e fame, dove vegetano preti senza vocazione. Nel 1730 viene predicata la prima missione popolare a Talamone di Orbetello (Grosseto). I frutti del loro servizio sacerdotale sono tali che ai due fratelli arriva da Roma il titolo di “missionario apostolico”. Sbocciano anche le prime vocazioni passioniste. Il 14 settembre 1737 sul Monte Argentario Paolo inaugura la prima casa religiosa con l’annessa chiesa dedicata alla Presentazione di Maria santissima al tempio. Ha disegnato lui stesso con il suo bastoncello il perimetro dell’edificio. Quando era ancora a Castellazzo la Madonna gli aveva detto: “Paolo, vieni all’Argentario dove sono sola”. Nel 1741, il 15 maggio, arriva l’approvazione delle Regole da parte del papa Benedetto XIV che commenta stupito: “Questa congregazione doveva nascere per prima ed invece arriva soltanto ora”. L’11 giugno 1741, insieme a cinque compagni, Paolo emette la professione religiosa: sulla tonaca nera indossata dai religiosi compare per la prima volta il tipico stemma passionista. In questa circostanza Paolo aggiunge al suo nome l’appellativo “della Croce”.
Nel 1747 viene celebrato il primo capitolo generale: il fondatore è eletto superiore della congregazione. Verrà confermato nell’incarico nei cinque capitoli successivi. Cioè fino alla morte. Sempre amato e venerato dai suoi figli. Nel 1752 può gioire: “Siamo centodieci, abbiamo otto ritiri, ma sono tutti pieni e non si possono ricevere tutti quelli che chiedono di entrare”. Prima di morire aprirà tredici case in condizioni sempre difficili e a volte addirittura drammatiche. Nel 1769 il papa Clemente XIV che chiama Paolo “babbo mio”, approva solennemente l’istituto. Paolo ormai vede la congregazione “ben fondata e stabilita in perpetuo nella santa Chiesa di Dio”. Ma non è finita. Nel 1771, dopo quaranta anni di fatiche, può realizzare la fondazione delle monache passioniste. Nel 1773 apre a Roma quella casa religiosa che sarà la sede centrale della congregazione. E’ ancora un dono di Clemente XIV che i Passionisti, a cominciare dal loro fondatore, ricorderanno sempre come protettore premuroso e benefattore incomparabile. Si tratta della basilica e del convento dei Santi Giovanni e Paolo, a fianco del Colosseo. Paolo vi si trasferisce con una numerosa comunità. Qui trascorre il resto della sua vita ormai al tramonto. Vi muore “con faccia di paradiso”, il pomeriggio del 18 ottobre 1775, circondato dai suoi figli ai quali ha precedentemente dettato il testamento spirituale: amare la Chiesa; vivere nella preghiera, nella solitudine, nella povertà, nell’amore reciproco; contemplare il Crocifisso; predicare a tutti la passione di Gesù. Pio IX lo proclamerà beato il primo maggio 1853 e santo il 29 giugno 1867.
PREGHIERA
da: www.passiochristi.org