La Provincia di Alessandria è una terra di santi, al pari delle altre feconde zone piemontesi, che hanno visto fin dall’Ottocento, tutto un fiorire di figure splendenti in santità, operanti nel campo del sociale, nella fondazione di Ordini e Congregazioni religiose o viventi nell’intensa spiritualità dei contemplativi; a volerle elencare tutte occorrerebbero più pagine.
La terra alessandrina può vantare, tanto per citarne qualcuna, figure di grande santità, come: S. Paolo della Croce (Paolo Danei) Ovada, 3/1/1694 – Roma, 18/10/1775, fondatore della Congregazione dei Passionisti; Venerabile Giovanni Battista di S. Michele Arcangelo (Giovanni Battista Danei) cofondatore dei Passionisti (Ovada 4 aprile 1695 – S. Angelo di Vetralla, 30/8/1765); S. Luigi Orione (Pontecurone, Alessandria, 23/6/1872 – Sanremo, 12/3/1940), fondatore a Tortona della “Piccola Opera della Divina Provvidenza”; Venerabile Carlo Sterpi (Gavazzana, 13/10/1874 – Tortona, 22/11/1951), Superiore Generale dopo don Orione.
E ancora, S. Maria Mazzarello (Mornese, 9 maggio 1837 – Nizza Monferrato, 14/5/1881) cofondatrice delle “Figlie di Maria Ausiliatrice”; Servo di Dio don Domenico Pestarino (Mornese, Alessandria (5/1/1817 – 15/5/1874), sacerdote e prima guida spirituale delle Figlie di Maria Ausiliatrice; Beata Teresa Grillo vedova Michel (Spinetta Marengo, 25/9/1855 – Alessandria 25/1/1944), fondatrice della Congregazione Piccole Suore della Divina Provvidenza; Beato Francesco Faà Di Bruno (Alessandria, 29/3/1825 – Torino, 27/3/1888) sacerdote fondatore Suore Vergine del Suffragio e S. Zita.
A questo incompleto elenco, oggi si aggiunge la Serva di Dio madre Leonarda di Gesù Crocifisso, al secolo Angela Maria Boidi, la quale nacque a Quargnento (Alessandria) il 10 luglio 1908, decima figlia dei coniugi Filippo Boidi e Antonia Bruno.
La famiglia abitava in una tenuta di proprietà paterna, denominata “Cascinetta” e in questo luogo immerso nella campagna del Monferrato, nacque Angela Maria, che da tutti sarà sempre chiamata Mariuccia.
Il padre che aveva ereditato dai genitori, oltre l’attaccamento alla terra anche numerosi poderi, era un saggio amministratore dei beni di famiglia ed efficace conduttore del lavoro di molti contadini. La madre, come le attive e sagge madri piemontesi, era una donna pia e generosa, molto attenta ai bisogni dei poveri ed indigenti
Una coppia ben affiatata, che sapeva trasmettere ai numerosi figli, i principi cristiani e morali, la correttezza, la razionalità negli affari. Con i tanti fratelli e sorelle, Mariuccia trascorse gli anni dell’infanzia, fanciullezza e giovinezza, condividendoli in modo più intenso con la sorella Carla, di due anni più grande di lei.
Le località di residenza della famiglia però furono diverse, a causa del lavoro paterno da espletare nelle varie proprietà, per una decina d’anni vissero nell’idilliaca villa situata in località Monte Pino, nel Comune di Frascaro, e qui il 12 settembre 1918 Mariuccia ricevé la Cresima; due anni trascorsero a Castelceriolo e nel 1921 la famiglia Boidi si trasferì ad Alessandria, cambiando in quattro anni, tre residenze, finché nel 1925 si stabilì definitivamente in Via Casale.
Le due sorelle Angela Maria e Carla, frequentarono in città l’Istituto Vincenziano, denominato “Casa Sappa” dove poterono, oltre lo studio, ampliare le loro conoscenze in musica, pittura e ricamo; fecero parte dell’associazione delle ‘Damine dei poveri’, partecipando ogni giorno alla celebrazione della Messa.
Ormai signorine, Carla e Mariuccia entrarono a far parte dell’Azione Cattolica nella Sezione della Gioventù Femminile della Parrocchia di s. Lorenzo in Alessandria, ricoprendo ben presto delle cariche organizzative.
Erano gli anni del grande fermento cattolico in campo femminile, suscitato dalla fondazione della “Gioventù Femminile d’Azione Cattolica”, da parte della Serva di Dio Armida Barelli (1882-1952), la quale era ancora Presidente Nazionale al tempo delle due sorelle Boidi (tenne la carica dal 1918 al 1946).
La visione della donna, protagonista dell’apostolato laico in seno alla famiglia e nella società, prendeva velocemente consistenza e Carla e Mariuccia, poterono apprendere lo stile dell’attività e dell’organizzazione cattolica e la consapevolezza che nulla è efficace se non è suggerito e guidato dallo Spirito, che santifica ogni azione umana tesa al bene.
La vita delle due giovani sorelle era scandita dai momenti dell’apostolato nell’Azione Cattolica parrocchiale, alternati dalle faccende domestiche e dalle opere di carità, con visite agli ammalati e prestando aiuto alle opere della Beata Madre Michel, prima citata.
Verso la fine degli anni ’20, le due sorelle costituivano per le amiche, i vicini, le fedeli della parrocchia, uno dei più begli esempi di fede vissuta nel totale dono di sé, Carla sorridente ed esuberante, Mariuccia pacata, dolce, ispirante fiducia; la vita così attiva che conducevano, non impedì loro il sorgere della vocazione alla vita religiosa e contemplativa, ed entrambe man mano mutarono atteggiamento, più distaccate dalle cose mondane, alimentarono sempre più la loro unione con Gesù Eucaristia e la compassione per Cristo Crocifisso.
Nonostante la contrarietà paterna, ci fu un giorno un’incontro casuale che determinò la svolta della loro vita; arrivò in casa Boidi un frate passionista per la questua e le parole di quell’umile frate seppero essere così profonde da infervorare i cuori delle due giovani, indirizzandole verso la Congregazione dei Passionisti, fondata nel 1741 da s. Paolo della Croce, originario della provincia alessandrina, proclamato santo il 29 giugno 1867 da papa Pio IX.
Carla fu la prima ad aderire alla scelta della clausura, in un primo momento indirizzata verso il Carmelo, poi a 24 anni, nel 1930 entrò nel monastero delle Passioniste di Ovada, prendendo il nome di Consorella Matilde.
Mariuccia, che da tanti anni viveva così strettamente legata alla vita della sorella, seguì con stupore i cambiamenti che stavano avvenendo in lei e di conseguenza fra loro due; Carla che la conosceva profondamente, la tranquillizzò, assicurando che anche lei avrebbe provato il mistero e la gioia della chiamata vocazionale.
La profezia si avverò già alla fine di quell’anno, a dicembre Mariuccia trascorse un periodo di dieci giorni nello stesso monastero della sorella, per conoscere meglio la vita claustrale; il 2 luglio 1931 a 23 anni fece il suo ingresso nel monastero delle Passioniste di Ovada, lasciando l’agiatezza della sua casa, le sue tante attività di apostolato, l’affetto dei suoi familiari.
Attratta come Carla dal carisma delle Passioniste, la cui cofondatrice fu nel 1771, la Serva di Dio Maria Crocifissa Costantini (Tarquinia, 18/8/1713 – 16/11/1787), Mariuccia seppe superare lodevolmente tutte le difficoltà che si incontrano nella vita religiosa; adeguandosi con facilità, cercando la perfezione, praticando la virtù dell’obbedienza.
Trascorso il periodo del Noviziato, il 30 maggio 1932, il vescovo di Alessandria mons. Milone, presiedette la cerimonia della vestizione di Mariuccia, che prese il nome di Consorella Leonarda di Gesù Crocifisso; nel 1933 fece la professione temporanea dei voti e nel giugno 1936 fece la professione perpetua, nelle mani del vicario dei Passionisti, padre Pietro dell’Assunta.
Ma la Croce alla quale si era votata, a fine 1936 si fece più pesante e dolorosa; l’amata sorella Carla, consorella Matilde, ammalata di tubercolosi, si aggravò ulteriormente. Pur alloggiando nello stesso monastero, esse avevano di comune accordo, messo in pratica l’eroico sacrificio di rinunciare alla loro famigliarità, così da non tenere per sé nemmeno una briciola dell’amore che dovevano a Dio.
“Anime di silenzio e di raccoglimento non dimenticheranno mai Dio per la sorella, anzi non arriveranno alla sorella se non in Dio e per Dio”. Anche suor Leonarda si ammalò di pleurite in forma preoccupante, era costretta a letto nella sua cella vicino all’infermeria, dove in isolamento era ricoverata consorella Matilde.
Le due sorelle, divise dalla parete, condivideranno le loro sofferenze, come avevano condiviso i loro anni d’infanzia e giovanili, senza potersi vedere; Carla morì il 18 gennaio 1937 a soli 31 anni, Mariuccia alzatosi dal letto febbricitante, tracciò sul coperchio della bara il Simbolo delle Passioniste, poi tornò a letto, dove sognò la sorella che le annunciava una grazia dal cielo; cinque mesi dopo Leonarda cominciò a migliorare.
La sofferenza dell’emicrania che l’accompagnava dall’adolescenza, le fu compagna dolorosa per tutta la vita, da lei accettata per amore della Passione di Cristo; anche i sacrifici imposti dalla regola di s. Paolo della Croce e dalla vita di clausura, come camminare a piedi nudi d’inverno, portare anche d’estate la tonaca di lana, alzarsi di notte per la preghiera, dormire sul duro pagliericcio, digiunare, furono sacrifici offerti per la salvezza delle anime.
Dai suoi scritti: “Gesù anche se certe ferite sono più dolorose della morte stessa, dammi la grazia di soffrire in silenzio, ricambiare con un sorriso e morire d’amore”. A 33 anni nell’ottobre del 1941 consorella Leonarda venne eletta Vicaria di madre Silvia Borrini, allora ‘Presidente’, come veniva chiamata la Superiora di un monastero di Passioniste; ricoprirà la carica fino al novembre 1947.
Furono anni di grandi difficoltà, con la Seconda Guerra Mondiale, che portò lutti e distruzioni di ogni genere, insicurezza generale e miseria; eppure al monastero continuò ad arrivare, a volte fortuitamente, l’aiuto prezioso per il sostentamento delle suore di clausura, che già in tempi normali si avvalgono della collaborazione dei fedeli, suor Leonarda era anche addetta all’utilizzo delle scorte di cibo e all’assegnazione alle addette della cucina.
Rinunciò spesso, durante gli allarmi per bombardamenti a mettersi al sicuro, pur di rimanere accanto a suore anziane o ammalate, per tranquillizzarle con la sua presenza e con la preghiera.
Nel novembre 1947 fu eletta ‘Presidente’ (Madre Superiora) dell’importante e grande monastero di Ovada, ricoprirà tale carica per due trienni, fino alla morte nel 1953.
Grande organizzatrice e memore delle raccomandazioni di s. Paolo della Croce, riguardo la salute fisica, stravolse il preesistente ordinamento, razionalizzò i sistemi, le attrezzature e gli uffici del monastero; migliorato il vitto e il vestiario, modernizzati i laboratori e la cucina, s’istallò il riscaldamento dei locali.
Le monache ne ricavarono un sollievo immediato, minor fatica, minor impiego di tempo, a favore di una più serena convivenza e più tempo per la preghiera.
La spiritualità che infondeva nel suo agire, ci viene ricordata da una suora: “La nostra Madre percorre la sua vita sempre uguale a se stessa, non distingue le ore della gioia e le ore della sofferenza, ma tutte le abbraccia, con un solo nome: volontà di Dio…”.
Le stavano a cuore tutte le anime, ma le anime sacerdotali in particolare. Gli anni della sua guida, furono contrassegnati, secondo le testimonianze di alcune suore da fatti prodigiosi, come il pozzo risultato poi asciutto, che dava comunque acqua al calare del secchio; il pugno di farina rimasto, che non si esauriva per circa un mese, cose che avvenivano dopo le assicurazioni di Madre Leonarda a non preoccuparsi ed avere maggiore fiducia nella Provvidenza di Dio.
Già nel 1949 le condizioni di salute della Madre, non erano buone, il cuore ammalato le procurava collassi e una idropisia generale; il medico insistette che fosse ricoverata all’ospedale di Alessandria per accertamenti e terapie, aveva come un bruciore interno e difficoltà respiratorie.
I medici non capirono la natura del suo male, né tanto meno la sua guarigione avvenuta alla fine dell’anno, ma la malattia ricomparirà nel 1950 con una febbricola che non la lascerà più.
All’inizio del 1953 Madre Leonarda venne di nuovo ricoverata ad Alessandria, ma visto l’inutilità delle cure, i medici suggerirono di soggiornare nella Riviera Ligure, sperando in un beneficio.
Così fu accompagnata a Verezzo (Imperia) vicino Sanremo, presso le suore Passioniste che gestivano due orfanotrofi; effettivamente ci fu un miglioramento della salute, mentre lei teneva una fitta corrispondenza con le sue suore.
Ritornò ad Ovada nel maggio 1953, riprendendo le sue attività, ma il 26 settembre si aggravò di nuovo e trasportata ad Alessandria per cure mediche, fu ospitata in casa dei suoi parenti in Via Casale; era affetta da angina pectoris, che le provocava forte sudorazione e arsura alla bocca, era necessario somministrarle parecchi medicinali, una suora continuò ad assisterla.
Parenti, amici, conoscenti, religiosi e suore, si alternarono a farle visita e a tutti donava una buona parola, senza omettere di scrivere e sentirsi telefonicamente con la Vicaria, che la sostituiva ad Ovada.
Il 22 ottobre 1953 la situazione precipitò con la febbre oltre i 40°; ricevé la S. Comunione e assistita da due suore, mentre tutto il monastero di Ovada era in preghiera per la loro ‘Presidente’, concluse con il sorriso sulle labbra, la sua luminosa esistenza, aveva 45 anni.
Il suo corpo chiuso nella bara solo il 26 ottobre, perché si manteneva vivo così da far pensare ad una morte apparente, ricevé l’omaggio dei fedeli nel funerale svoltosi ad Alessandria, poi il 28 ottobre nella chiesa del monastero ad Ovada e infine venne tumulato nella tomba di famiglia a Castellazzo Bormida.
Ma due anni dopo l’8 febbraio 1956, le monache Passioniste ottennero di poterla tumulare nella chiesa del monastero di Ovada, dove attende il riconoscimento ufficiale delle sue virtù e della sua santa vita di laica e di monaca. Il processo diocesano per la sua beatificazione, conclusasi ad Acqui Terme nel 2004, è attualmente a Roma presso la competente Congregazione Vaticana.
Di: Antonio Borrelli
Da: www.santiebeati.it